Spettacolo. Il giardino dei ciliegi di A. Cechov
Spettacolo Il giardino dei ciliegi di A. Cechov.  Bari, 2 e 6 giugno 2013.

Dopo due anni di prove, entrate e uscite degli aspiranti attori, variazioni di sceneggiatura, sono andate  in scena a Bari, presso il teatro dell’Opera Don Guanella, le due repliche del capolavoro di Cechov per la regia di Vittorio Cosentino.
 L’opera di Cechov è stata rivisitata dal regista e reinterpretata, cogliendone anche  l’aspetto comico e gioioso, in un evento, forse drammatico, come la vendita della casa e del giardino di una antica famiglia aristocratica russa ai nuovi ricchi borghesi.
Come già detto dalla critica, Cechov, nel 1904,  avverte i segni del cambiamento che si realizzerà in Russia nel 1917: la fine dell’impero zarista e il nuovo della rivoluzione d’ottobre.
Sul fil rouge di questa speranza di cambiamento, Vittorio Cosentino alterna e mescola antico e moderno, la letteratura russa e il ’68,gli alterchi tra contadini, operai e gli intellettuali dell’epoca. Mescola i popoli e le speranze inserendo, alla fine, una piccola pièce su “artisti ditutto il mondo unitevi” al grido di Addio vecchia vita, Buongiorno vita nuova.
Interprete del miglior teatro di Peter Brook, si allontana dalla mera mimesi per percorrere le strade della verità picassiana, quella mobile e frammentata dei molteplici punti di vista, guidando l’attore a interagire con il suo corpo non solo con lo spazio scenico, ma anche con il pubblico. 
Quindi non solo teatro di parola, ma musica, canti, danze, giocoleria, che si incastrano bene nel testo cechoviano, come nella festa del terzo atto o nei giochi di magia di Charlotta.
Fa suo il pensiero di Brook: ... un teatro con più centri, in cui risolvere conflitti e diversità, sempre in alterno movimento tra ordine e disordine. Il teatro è il luogo dove conciliare la frammentazione del mondo, tra uomo e società, microcosmo e macrocosmo, umanità e macchina, visibile e invisibile, lingue, generi: è il luogo della conciliazione degli opposti.
Quattro atti, due ore abbondanti di spettacolo, hanno divertito prima gli anziani di Don Guanella, poi, nella seconda replica, il pubblico esterno.
Protagonisti gli iscritti dell’Università Popolare per adulti Incontro e Futuro, diretta da Ernesto Accardo, ma, nella soluzione delle diversità, anche l’intervento  di giovani, come Serena Landriscina, già regista e attrice professionista, nei panni di Duniascia.
Li citerò tutti, essendo miei compagni di avventura: Pino Franco, un Lopachin impulsivo e verace, Katia Pellegrini, una Liuba lieve e sensitiva, Maria Vino, un Iepichodov ben caratterizzato e ironico, Grazia Loconsole, un Pisc’cick giocoso e poliedrico con la colorata maschera di testa di cavallo in cartapesta di Nicola Di Rienzo, Filly De Leonibus, una Varia vigorosa e puntuale, Chiara DePasquale, magica Charlotta alle prese con la giocoleria, Bibiana Castoro, originale e divertente Ania, Serena Landriscina, nel difficile triplice ruolo di Duniascia, Iascia e della Peccatrice, Rosalia Triggiani, il commovente e partecipe Viandante, Angelo Ventrella, il Capostazione autorevole e disincantato, Anna Barone nel fantasma della Madre di Liuba, solo alla prima Gaiev era Domenico Del Giudice. Infine io, intellettuale da “sempre”, l’intellettuale e visionario Pietia Trofimov.
Lo stesso Vittorio Cosentino interpretava Firs, nella duplice lettura di nostalgia del passato e speranza nel futuro, e Ruggiero Greco, il politico foggiano degli anni ’50 guida delle lotte contadine contro i latifondisti, in linea con la già detta commistione di antico e moderno  prevista dalla sua  scrittura drammaturgica.
Marilena Melpignano, direttrice di scena, Francesca Tagliaferro, aiutoregista, Marco Laccone, adattamenti e commenti musicali.
Per la scena ho scelto delle immagini che potevano ricondurre all’atmosfera russa dei primi anni del novecento: tre opere del primo periodo di  Kandinskij ancora figurative, affabulanti, cromaticamente fantasmagoriche, che precedono la sua attività a Monaco di Baviera con il Blaue Reiter del 1911 e un’opera della Goncharova,per il terzo atto, festosa e caleidoscopica scenografia del Coq d’or per i balletti russi di Diaghilev.
Grande impegno da parte di tutti … ci attendono nuove repliche negli spazi della città.

Mirella Casamassima

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